dilluns, 29 de març del 2010

Nichi Vendola, el nou lider per l'esquerra italiana!

Avui pot haver "nascut" el futur lider de l'esquerra italiana. Nichi Vendola (www.nichivendola.it), el president regional de la Puglia (regió de Bari)hauria guanyat les eleccions amb el 49'9% dels vots, enfront el 41'7% del centre dreta.
Vendola, va guanyar les "primaries" del centre esquerra, sense ser del PD, ans el contrari: és el principal dirigent de SINISTRA ECOLOGIA e LIBERTÁ (www.sinistraeliberta.eu).
fonte: il manifesto


Un patto costituente tra politica e popolo. Alla fine della sua lunga campagna elettorale Nichi Vendola racconta cosa è cambiato e cosa può cambiare ancora per la sinistra italiana. A partire dalla «sua» Puglia.

Che cosa è in gioco nel voto di domani?
C’è una differenza sostanziale tra oggi e cinque anni fa. Nel 2005 il punto cruciale era la crisi della destra pugliese, la ribellione al modello feudale incarnato da Raffaele Fitto. Nel 2005 è Fitto che ha perso, io ero un’incognita, una suggestione, una possibilità. Stavolta si vota su di me, sul fatto che quella possibilità e quella suggestione si sono incarnati in un’esperienza e in una narrazione che ha reso la Puglia un luogo particolare, dove nelle istituzioni e nella società si può costruire la controtendenza a tutto quello che rappresenta il berlusconismo. Stavolta è la Puglia il fatto nuovo.

E’ innegabile però che c’è un grande interesse anche fuori dalla Puglia su di te e la tua storia. Non c’è il rischio di oscurare le pratiche che qui avete provato a costruire?
Dico sempre che non sono il fenomeno ma l’epifenomeno. Il fenomeno è un Sud diverso da quello degli stereotipi. Il Sud non è soltanto una domanda di modernità e di giustizia sociale. Il Sud è una gigantesca domanda di libertà ed è attraversato costantemente da autentici flussi popolari e libertari. Leggere il Sud con il vecchio paradigma dello «sviluppo ritardato» significa non capire quello che si anima al di là della iconografia livida e mortuaria che si offre di questa parte d’Italia. Dal 2007 la Puglia guida saldamente l’economia del Sud e ora inizia a competere con quella del Nord. L’abbiamo fatto aprendo partite inedite ed epocali come quella con l’Ilva per l’abbattimento delle emissioni di diossina.

A proposito di Nord/Sud. Il successo della Lega alle regionali cosa cambierebbe per l’Italia?
Si aprirebbe un esito drammatico. L’inchiostro dei decreti delegati che tradurranno il federalismo fiscale in tabelle e parametri con cui garantire servizi essenziali rischia di portare a una secessione materiale, dissimulata ma effettiva. Il problema del Sud è ragionare come macro-territorio, fare istema, perfino essere una lobby. Anche il sistema informativo meridionale è totalmente subalterno a quello del Nord.


Nel tuo libro-intervista con Cosimo Rossi dici che «la domanda fondamentale della politica non è più ‘che fare?’ ma ‘chi fa cosa?’». Che vuol dire? Chi ti critica, per esempio, dice che questo è populismo di sinistra.
Dopo il ‘900 il tema del soggetto politico non possiamo più rimuoverlo. Allora definire «chi», sperimentando anche forme di «connessione sentimentale» con un popolo, è decisivo. Nel Pd è un problema evidente. Che cos’è il Pd? Chi è il Pd? Il fare invece riguarda la credibilità dell’agire politico. Nel moderatismo della sinistra c’è una scissione importante tra il dire e il fare. La sinistra spesso fa allusioni senza conseguenze. Le campagne elettorali sono tutte di sinistra ma appena finite prevale subito il realismo di corto respiro. Contro tutto questo, oggi, dobbiamo essere molto sperimentali.

Che tipo di esperimento sono allora le «fabbriche di Nichi»?
Sono luoghi politici godibili, che hanno ridotto al minimo il tasso di noia, le gare tra galli che si verificano nei partiti-pollai e la dinamica passiva che ha berlusconizzato la società italiana.

Rimarranno o pensi che tramonteranno con la campagna elettorale?Lo decideremo insieme, con gli «stati generali delle fabbriche» che convocheremo dopo il voto. E’ un’esperienza troppo nuova e troppo importante per me. E’ la vera chiave di questa campagna elettorale.

A proposito di «chi», in questi mesi hai lottato con molti protagonisti del Pd. Faccio dei nomi. D’Alema.
Non ho nessun problema con D’Alema. Il punto non sono le relazioni tra persone ma l’inadeguatezza di tutti i protagonisti a sinistra che possono
contribuire a mettere in piedi il «cantiere dell’alternativa». Prima delle primarie gli spiegai quello che si vede oggi nelle piazze. Il problema non ero io. Il problema è questo popolo che si riconosce in me. Che è portatore di un’idea di buona politica ed è l’ingrediente decisivo dell’alternativa. Senza questo popolo e senza questa connessione, semplicemente l’alternativa non c’è. Il centrosinistra si è andato spegnendo dentro rituali di palazzo. Dentro formule coalizionali o improvvisazioni politicistiche. Per il processo di alternativa abbiamo bisogno invece di uno straordinario patto costituente tra un progetto politico e un popolo. La litigiosità dell’Unione era grave perché figlia di una concezione autoreferenziale di ciascuno e povera della consapevolezza generale che il patto fondamentale non è tra partiti ma tra i partiti e il popolo, soprattutto i giovani. E’ un patto di futuro.

Il sindaco di Bari Michele Emiliano.
Ha detto delle cose importanti. Ha dichiarato la sua ammirazione per la mia capacità di perdonare nonostante tutto quello che mi è stato fatto per mesi.

Il tuo ex vicepresidente Sandro Frisullo che attualmente è in carcere.
Sono ovviamente turbato da questa vicenda, tuttavia ho un grande rispetto per la magistratura e penso ci siano garanzie sufficienti per potersi difendere.
Francamente, con tutto il dolore, la comunicazione tra noi si è interrotta il 5 luglio dell’anno scorso.

Un tuo successo sarebbe un salto di qualità per Sel ma anche per la sinistra. Come vedi il tuo futuro politico? Escludi un salto in alto oltre la Puglia?
Piuttosto che parlare di me spero si parli di quello che è accaduto qui. Non lo dico per eludere la questione. Se questo è un laboratorio lo è per ragioni sociali e politiche. Allora guardiamoci dentro. Quello che farò da grande non è rilevante. Chi ha visto da vicino questa campagna elettorale forse lo può capire: è stata un intreccio tra una storia politica e una storia d’amore. Almeno io la vivo così, e mi ha dato la forza di sopravvivere al tentativo di macchiare la mia persona e di coinvolgermi in cose impensabili per chi conosce la mia storia.

Matteo Bartocci fonte: il manifesto


Que ha fet ICV-EUiA amb els vots de l’1 de novembre de 2006?

Aquesta setmana hem assistit com, des de dos grups comunicatius potents de Catalunya (Godó i Zeta), cadascun d’ells relativament alienats a cada un dels partits grans (CiU i PSC), publicaven dues enquestes –fetes en calent enmig de la polèmica de “la gestió de la nevada”-sobre les properes eleccions al Parlament de Catalunya. Irònicament, a l’atorgar les enquestes la victòria àmplia de CiU, ha estat la manera dels grups Godó i Zeta de “celebrar” els 30 anys de les primeres eleccions del 20 de març de 1980?; ho ens volien alertar que la “normalitat” pordia tornar, és dir els governs de CiU, 23 dels 30 anys? Modèstia apart, allò millor de les enquestes és que la coalició ICV-EUiA repetiria resultat (11-12 diputats/es)... i això que (ni El Periódico, però sobretot La Vanguadia) són gens amics, sinó enemics “confessos” d’ICV-EUiA: així els articles que contínuament Pilar Rahola i altres , sense signar-los, dediquen a “destrossar” l’acció, i a voltes les persones, de Joan Saura, Joan Boada, etc són dignes d’estudi “posicològic”... Com molt deiem fa temps amb en Salvador Milà (perseguit quan era Conseller) seria aplicable aquella dita, en espanyola, de “ladran, luego calbagamos”? O és que fins i tot les enquestes de dos diaris gens favorables a les polítiques i propostes d’ICV-EUiA, recull, la coherència de l’electorat d’ICV-EUiA? Nosaltres vam dir el 2006 per quina coalició apostàvem i quines polítiques volíem dur a terme: un govern d’esquerres.
Doncs bé, ara, en coherència amb aquella decisió i aquell govern d’esquerres que es va formar, ara ens sembla de coherència presentar un retorn a la ciutadania de la nostra acció al govern. I això és el que ICV-EUiA, amb el document i campanya “Què ha fet ICV-EUiA amb el meu vot?” (
http://www.iniciativa.cat/icv/documents/2173) estem fent. I ho fem perquè, d’aquí a quan siguin les elecions, volem explicar a tothom que el govern català, des de 2007, la major part dels seu camps d’actuació ha fet i fa més coses que tots els anteriors, especialment dels que des de gener de 2001 tingueren a Artur Mas com a conseller en cap. I, tot i que és impossible fer-ho tot bé, ha demostrat gestionar millor. Així ha acordat, consensuat, pactes nacionals en polítiques claus de país: Pacte Nacional per l’Habitatge, per l’Educació, per la Innovació i la Recerca, per la immigració i per les Infraestructures; així com dos Acords Estratègic per la Internacionalització, la qualitat de l’ocupació i la competitivitat de l’economia. En alguns hi hem discrepat: a nivell territorial (Catalunya Central) en el calendari, finançament i en algunes propostes, sobretot ferroviàries, per insuficients. En d’altres, a nivell nacional, amb la llei d’Educació: dient no, quan cal dir no! Però el seu tret diferencial es troba en tot allò que el fa diferent; el govern català d’esquerres ha fet coses que la dreta mai no faria i que per això alguns volen que les seves enquestes s’acompleixin. Canvis de rumb radicals, de gir de 180 graus. En la lluita contra la crisi, no retallar la despesa social; sinó augmentar la inversió pública i ampliar prestacions, ajuts i drets (polítiques actives d’ocupació, beques menjador), augment préstecs per empreses, complement ajuts als aturats, augment dels ajuts per pagar el lloguer; Intentant, acceleradament, millorar els serveis públics. Avui acabo aquí, però us anuncio, que la setmana vinent continuaré amb allò que volem que passi: els canvis que cal fer i que ningú més farà, el procés participatiu de programa electoral i de govern; que des dilluns 22 també està obert a la web (www.joanherrera.cat/), flickr, youtube, facebook,etc

dilluns, 22 de març del 2010

No només el rebuig als “magatzems temporals” nuclears: el futur són les energies renovables!

Dilluns passat el Ple de l’Ajuntament de Manresa, va aprovar una moció de rebuig a la possible instal•lació d’un “Almacén Temporal Centralizado” (ATC) en territori català. D’aquesta moció, en aquest diari, fonamentalment només va transcendir la notícia que, per primera vegada durant aquesta legislatura, havia intervingut un membre d’UDC. Per cert, cal dir que en la seva intervenció el membre d’UDC, va oblidar alguna qüestió important; de fet, la mateixa que també no recollia la moció inicial peresentada per CUP i ERC i que, des d’ICV, vam esmenar entre d’altres qüestions abans del Ple per cosignar-la i recolzar-la: el Parlament de Catalunya, no una –com va dir el membre d’UDC- sinó dues vegades ha aprovat dues resolucions de total rebuig a la instal•lació d’un magatzem temporal (per 60 anys!) centralitzat (MTC) de residus nuclears a les Terres de l’Ebre i enlloc de Catalunya: la primera vegada l’11 de març de 2008; la segona vegada fa tot just dos dimecres – el 10 de març de 2010 –amb 111 vots favorables i només les 14 abstencions de PP i C’s (veure http://blogcanc.blogspot.com/). I això no és cap detall insignificant, perquè fins el passat 23 de desembre el paper de Parlament i govern català era determinant en el procés: aquell dia, mitjançant resolució de la Secretaria d’Estat d’Energia, es modificà allò previst al Real Decreto 775/2006, de 23 de juny; que es modifica? Doncs de forma significativa i injustificada el paper de las Comunitats Autònomes al procés d’ubicació del MTC; de manera que el govern espanyol del PSOE feia possible el que ha passat: que només amb la majoria simple del Ple d’un Ajuntament (en aquest cas el d’Ascó) un municipi es pugui presentar a acollir una activitat que té i pot tenir repercussions de diversos tipus en una àrea més extensa que el propi municipi, la seva comarca (la Ribera d’Ebre), la seva regió (les Terres de l’Ebre) i el seu país (Catalunya) sense la possibilitat d’intervenció qualificada del parlament i del govern del seu país. Des d’ICV, des del 23 de desembre i des d’abans, sabíem que teníem un problema, que corríem el risc que algun ajuntament català acabés optant per presentar candidatura, al marge de la voluntat del territori, i fins i tot, del conjunt del país: això és el que ha passat a Ascó. I per cert, paradoxes de la vida: l’Alcalde més famós d’UDC –el mateix partit que va intervenir al Ple de Manresa per anunciar el seu favorable al rebuig d’un MTC a Catalunya- el de Vic, va compartir fama mediàtica durant el mes de gener amb un germà seu , el gerent de l’Associació espanyola de Municipis d’Àrees amb Centrals Nuclears.
Des d’ICV sempre hem dit dues coses sobre els MTCs i gairebé sempre en solitari any rere any , i només, acompanyats en part ara, quan ningú ho vol –amb matisos- al “patí de darrera de casa seva”. Que en cap cas el cementiri podia anar a parar al territori més nuclearitzat de l’Estat, Catalunya, i concretament les Terres de l’Ebre. I que en tot cas, si s’havia de parlar del que fer amb els residus, abans s’havia de consensuar fins quan es generaven aquests residus. És a dir, s’havia de pactar un calendari de tancament de les actuals centrals nuclears existents a Espanya, com s’ha fet a bona part d’Europa. Per cert, això ho vam proposar en la moció de dilluns al Ple de Manresa, i CUP i ERC no acceptaren sabedors que CiU i PSC no acceptarien. Per tant a allò aprovat –el rebuig a Catalunya- ICV hi afegeix: el Govern de l’Estat ha de supeditar la construcció del MTC, a posar en marxa un pla de tancament progressiu de totes les centrals nuclears en funcionament, i a desenvolupi totes les mesures necessàries per fer possible un sistema energètic fonamentat en les energies renovables.

divendres, 12 de març del 2010

La llei de vegueries, també al Parlament després de 30 anys d’autogovern!

Dimecres el ple del Parlament, només amb els vots de PSC, ERC i ICV-EUiA, va aprovar el projecte de llei de Vegueries. Una vegada més es va demostrar el nivell de compromís amb l’autogovern “realment existent”, i com mitjançant coartades de molt poca intensitat, CiU el va rebutjar al costat de PP i Ciutadans. Per la història de l’autogovern quedarà qui, formant del govern i en el Parlament, va promoure l’organització territorial de Catalunya en Vegueries i qui no ho va fer i ho va rebutjar al Parlament. Com CiU pot demanar ara consens? Qui i com va aprovar les Lleis d’Organització Territorial al 1987? CiU i sense consens! Tal com explicà Jaume Bosch, CiU reclama el “consens” que no aplicà quan governava: amb unes lleis, les del 1987, que deixaren buida de contingut la possibilitat de superar la divisió provincial, sense voluntat d'avançar en la simplificació administrativa, sense articular solucions mancomunades per a la fragmentació municipal, dotant als consells comarcals d'un sistema electoral esbiaixat que distorsionava la proporcionalitat del vot, i complicant i fragmentant la realitat metropolitana de Barcelona; tot plegat per interessos partidistes. CiU, també, però el 2001, bloquejà el desenvolupament de l'Informe sobre la revisió de l'organització territorial de Catalunya. L’Informe, tal com explicà Jaume Bosch dimecres “denunciava importants problemes que tenen conseqüències negatives per a la ciutadania, profusió d'instàncies administratives, escassa racionalitat, insatisfactòria solució adoptada respecte l'organització política i administrativa de la comarca i el seu règim electoral. Pel grup d’ICV-EUiA l’Informe constitueix una anàlisi rigorosa del model que es vol reformar (amb la Llei de vegueries) i per això es considera necessària la compareixença del president de la Comissió d'experts (Miquel Roca) al Parlament durant la tramitació del projecte de llei.Pel grup parlamentari d’ICV-EUiA cal una negociació intensa i ràpida amb el Govern espanyol ,per tots aquells aspectes que depenen, cosntitucionalment, de l’Estat. Això és necessari per tal d'aconseguir un model global que comporti avançar en la simplificació administrativa, perquè Catalunya s'estructuri en municipis i vegueries tal com preveu l'Estatut de 2006. Hi ha qui és coherent, ICV-EUiA, que votarem l’Estatut i els articles que fan referència a les Vegueries, i que ara en volem el seu desplegament efectiu, en quelcom tant important per l’autogovern com l’organització territorial pròpia. I, en la mateixa línia, també cal urgentment l’aprovació per govern i Parlament català, de la llei de Governs Locals que ha de definir el paper fonamental dels municipis i la adaptació dels consells comarcals a la nova situació. No es tracta de suprimir les comarques, que són una realitat incontestable que cal preservar i protegir (fins i tot creant-ne de noves (l’Alta Segarra, el Moianès, el LLuçanès,...) sinó de modificar les estructures polítiques dels consells comarcals i el seu reforç com a ens de prestació de serveis mancumants, pels municipis petits i mitjans.

divendres, 5 de març del 2010

Per què el PSOE només vol pactar amb la dreta?

Dijous passat una delegació d'Iniciativa per Catalunya Verds (ICV), encapçalada per Joan Herrera, es va reunir a Madrid amb els ministres Elena Salgado, Miguel Sebastián i José Blanco. De les propostes d’ICV el Govern espanyol acceptà discutir sobre: la rehabilitació energètica dels habitatges i l'ampliació d'incentius fins a rendes superiors a 30.000 euros; fiscalitat ambiental; inembargabilitat de les persones i la supressió del “desnonament express”; i un pla de rescat del sector del moble. Tots ells com a possibles punts a treballar en el marc d’un acord polític per a la recuperació del creixement econòmic i la creació d'ocupació. Per ICV també caldria obrir, més intensament, línies de treball respecte a la reforma del Instituto de Crédito Oficial per incrementar la seva participació com a banca pública i revisar el Pla Estratègic d'Infraestructures i Transports.No obstant des d’ICV lamentem que el govern espanyol i el PSOE no vol tenir el lideratge en allò públic per afrontar la crisi econòmica, sense el no hi ha sortida justa a la crisi. Dijous es constatà la manca de voluntat d’afrontar una reforma fiscal justa, perseguir l’evasió i el frau fiscal, exigir al sector bancari ni replantejar-se l'increment de l'IVA. Com s’està comprovant aquestes darreres setmanes el Govern Zapatero no ens atorga la possibilitat de discutir un veritable “Pacte d’estat per fer front a la crisi” ja només vol negociar les mesures econòmiques amb la dreta (CiU) i les socials amb l'esquerra com ICV i IU. Així cal preguntar al PSOE: Perquè no es regulen els sous dels alts càrrecs del sector bancari (Obama ho ha fet, tímidament, però més que a Espanya)? Per què el debat sobre la “contrareforma” laboral i les possibles reformes en el sistema de pensions es situen fora de la taula de l’acord polític anticrisi i del diàleg social i, només en el marc del Pacte de Toledo i sota les crides ultraliberals del gobernador del Banc d’Espanya? Per què el problema, ara és l’aprimament de l’administració pública? Dit això el govern espanyol no pot articular propostes -com la contenció i/o retallada laboral, la privatització de serveis públics com vol CiU - que només signfiquin pèrdua de drets socials i laborals. L'administració no ha de retallar despesa, sinó ha d'ampliar l'estat del benestar mitjançant una reforma fiscal justa, verda i progressiva, que redistribueixi riquesa i lluiti contra el frau fiscal, apujant impostos a les rendes de capital i de treball més altes, no mitjançant impostos "universals" i indirectes com l'IVA...Sense oblidar que allò que cal és reforma el sistema financer, de l’estructura dels instrument públics de crèdit per families i per PIMEs , limitar les remuneracions dels alts càrrecs de la banca i establir nous instruments de control, persecució i captura de l’elusió i evasió fiscal. I tot això ha de revertir en l’administració més propera, la local, que necessita la solució estructural, definitiva i òptima, al seu nivell d'endeutament, mitjançant un canvi de soca-rel del seu sistema de finançament . Això vol dir que del 100% dels recursos del conjunt de les administracions públiques de l'Estat (Govern espanyol, CCAA i ens locals) els ajuntament no només rebin el 12-13% com passa des del 1979!!! És adir, després de 31 anys de democràcia local el % és el mateix, i només s'han redistribuit recursos econòmics Administració general de l'EStat i CCAA. Per tant, els ens locals -ajuntaments, consells comarcals i "vegueries"- haurien de rebre un mínim del 33% del total i un òptim del 40-50%... Per què? Doncs d'entrada perquè des de fa més de 10 anys entre un terç i, hores d'ara, un 40% de la despessa dels ajuntaments en serveis que presten és per polítiques i competències que no són pròpies, sinó d'Estat i/o CCAA.

dijous, 4 de març del 2010

CiU ha provocat el desequilibri territorial electoral

El proper 20 de març s’acompliran 30 anys de les primeres eleccions al Parlament de Catalunya del nou autogovern democràtic català després de la dictadura franquista. Doncs, si no es produeix d’avui a la tardor un “miracle” més grans i més potent que el de la Llum que aquest dies es commemora, a les properes eleccions al Parlament i per novena vegada consecutiva la ciutadania de Catalunya tornarà a anar a votar sense un sistema electoral propi. Ho tornarem a fer segons una disposició transitòria de l’Estatut d’Autonomia de Catalunya de 1979!! Per què 31 anys després? Primer de tot perquè durant els 23 anys de governs de Pujol, CiU no va voler exercir l’autogovern català en quelcom tant important com el sistema electoral; i segon ara, en la ponència parlamentària, tampoc ha volgut ni fer-ho ni deixar-ho fer (igual com intenta fer amb les vegueries, tot i la molt hipòcrita defensa del “Penedès”...). Sota l’argument de “defensar el territori” (quin el de les 3 províncies de Lleida, Girona i Tarragona?) CiU només ha pretès o millorar encara més la seva hipotètica representació electoral posició o bé quedar-se amb el “model transitori” de fa 30 anys. Allò que CiU defensa és que continuï existint la desigualtat territorial electoral: no val el mateix un vot a Cardona que a Solsona: quan la ciutadania vota a la circumscripció de Barcelona (Cardona) per assolir un diputat/da es necessiten molts més vots que per la circumscripció de Lleida, per una distribució dels 135 escons molt lluny de la proporcionalitat...
El grup parlamentari d’ICV-EUiA ha proposat, en el marc dels treballs de la ponència parlamentària sobre la Llei Electoral, un model de sistema electoral equilibrat entre proporcionalitat i representació territorialitzada. Així, basat en una circumscripció única nacional de tot Catalunya per a l’elecció dels diputats i diputades, es faria una provisió territorial dels mateixos per vegueries a partir d’un sistema de repartiment intern i l’aplicació d’un mecanisme corrector. Aquest model té encaix satisfactori en tot allò que disposa l’article 56 del vigent Estatut d’Autonomia de Catalunya, en concret: un sistema de representació proporcional i un sistema que asseguri la representació adequada de totes les zones del territori de Catalunya. I demostra que més proporcionalitat i més presència dels territoris amb menys població són idees compatibles. Amb el model d’ICV i prenent els resultats de les eleccions de 2006, si CiU els seus 48 escons esdevindrien 45, els 37 de PSC-CpC 38, els 21 d’ERC 20, els 14 del PPC 15, els 12 ICV-EUiA 13 i els 3 de Ciutadans 4. Però allò important a nivell territorial és que els 135 diputats/es i la seva distribució electoral es traduirien en 72 diputats/es de la vegueria de Barcelona, 12 de la Catalunya Central, 15 de Girona, 9 de Lleida, 6 de l’Alt Pirineu i Aran, 13 del camp de Tarragona i 8 de les Terres de l’Ebre. Per tant, on seria la desigualtat territorial que afirma CiU? O és que prefereix, com ara, un sistema provincial però que l’afavoreix? I de passada que res canvia, tampoc pot avançar allò que ICV ha defensat: una Llei de l'Administració electoral amb totes aquelles mesures que permetin garantir la transparència i la participació, que limiti i controli la despesa que els partits tenen en campanya electoral perquè les campanyes siguin més deliberatives i menys propagandístiques; que defineixi òrgans que fiscalitzin la despesa.Acabo apel·lant als “miracles”: potser que el Guillem Catà de la Llei Electoral sigui la Iniciativa Legislativa Popular impulsada per Ciutadans pel Canvi... Sinó d’aquí 30 anys encara un vot a Cardona valdrà molt menys que a Solsona...

Experiment fatigós, artefacte inestable: la LEC!

La política espanyola i catalana estan agafant una dinàmica d’expiral que es fa molt difícil preveure fins on es pot arribar... Així, temes de profunditat que esdevenen d’actualitat i generen notorietat, no poden “durar” a la gran pantalla, malgrat tinguin una gran transcendència social, institucional i estructural; i així, recentment, han estats triturats a la batedora de l’actualitat la jubilació als 67 anys, els atacs a l’economia espanyola per l’especulació financera internacional, els suposats pactes d’estat d’UiC que no CiU (primer Duran, després Mas?), ... Però, de quan en quan, des del propi sistema polític es llancen càrregues de profunditat, i aquesta setmana n’hem tingut una excel·lent prova. Així, el Sr Ernest Maragall, fent honor a la seva nissaga familiar literària (de l’Oda Espanya a la Vaca cega) ha proposat i disposat la sentència següent tal com jo la vaig llegir dijous a El Periódico: “Catalunya està fatigada del tripartit... Està cansada i tot indica que no acceptarà més experiments ni artefactes inestables”. Sinó n’hi havia prou abans d’ahir dijous, José Montilla d’una banda, però sobretot Antoni Castells, de l’altra han deixat clar que a can PSC pot haver-hi la pugna entre els que volen socio-vergència i els que volen el “conver-lisme”...De divendres no puc escriure ja que abans jo he escrit això...Per retornem a l’origen, a les dues frases del Sr Maragall reproduïdes més amunt. La tradició “filosòfica” grega clàssica vindria a dir que allò important és formular les preguntes. Anem a descomposar la sentència maragallina: Només hi ha una “Catalunya”? Ell és capaç de fer l’única diagnosi de l’única Catalunya i aquest diagnòstic diu està “fatigada”? I de què, del Tripartit: de tots tres, de dos (dels dos “grans”?, dels dos “petits”? Del “gran” i el “petit”? O només d’un? Quin, del “gran” , del no tant “gran” o del més “petit” sols? Ara bé allò millor: cansada i tot (què es tot? Tot és tot!) indica que “aquella única Catalunya” no acceptarà més “experiments” (quants i quins?) ni “artefacte inestables” ? Davant tanta pregunta, i per aportar proves a l’ “acceptació de la realitat” que deia Antoni Castells, si és possible trobar-hi respostes. El millor exemple possible de política del “tripartit”, que ha estat un experiment que ha fatigat i que ha estat un artefacte inestable és la Llei d’Educació de Catalunya. I sí, no ha estat ja acceptat per bona part de Catalunya: la major part de la comunitat educativa que sí recolzà el Pacte Nacional d’Educació. I precisament qui ha impuslat i quin “tripartit” ha votat tota la LEC d’E. Maragall? PSC, ERC i ... CiU. ICV, aquella força política que implícitament E. Maragall i Castells volen fora del govern –igual Puigcercós, que ho diu més explícitament) no vam recolzar la Llei d’Educació. Marargall diu que “tot indica que”... Hi ha moltes enquestes que qüestionen l’actual suma “tripartita”, però a la vegada (l segons a darrera enquesta del CEO) el 52% de l’electorat es defineix d’esquerres o de centre-esquerra (el 30% es defineix d’esquerres), per sobre del 32% que s’identifica amb el centre, centre-dreta o dreta. Per tant, Catalunya es troba en una cruïlla, cal decidir el camí que es pren : algunes opcions poden ser anar cap a l’esquerra o cap a la dreta, avançar o retrocedir. L’opció d’ICV són polítiques d'esquerres de modernització social, ecològica i de millora de l’autogovern. Si E. Maragall i Castells no volen confrontar a la dreta, als seus valors i al que aquests representen no ens hi trobaran. Volem un govern d’esquerres, però no en formarem part sense un instruments clars i coherents que evitin processos i decisions com els de la LEC i l’impost de successions.

CANVIS, què cal fer i què ningú més farà

Pot ser que d’aquí un temps recordem la data del 4 de febrer de 2010, un dijous plujós a bona part de Catalunya. Aquell dia, és a dir abans d’ahir, van coincidir una correlació de fets i esdeveniments, des d’allò global a allò local. El president espanyol ZP “resava” a Washington davant Obama i un dels lobbies religiosos-econòmics més influents del món; a la mateixa hora el sistema econòmic-financer que “pregava” per la salvació (de que i de qui) enfonsava mitjançant la borsa els valors i actius espanyols (l’índex espanyol IBEX s’enfonsava un 6%, 2 o 3 vegades més que Londres, Frankfurt, Nova York i París. En paral·lel, també, mentre ZP “resava”, el CIS publicava que la distància electoral del PP respecte el PSOE creixi en 4% i que Rosa Diez ja era la líder electoral espanyola més valorada, davant de ZP. També, CCOO estatal concretava mobilitzacions per finals de febrer –un dia abans CCOO Catalunya havia apuntat cap a la vaga general- com a resposta al desgavell de ZP, Corbacho i Salgado en relació a la retallada de les pensions...
Però davant tant panorama gris i apolític (ZP “ a Dios rogando, y el capitalismo con el mazo dando a la economia española”), espero i desitjo que el 4 de febrer de 2010 sigui recordat per l’esperança “prenyada” de valors, idees, principis que es van poder escoltar en un centre cívic del Poblenou de Barcelona. En Joan Herrera Torres (www.joanherreratorres.blogspot.com), fill d’aquell barri de treballadors i treballadores, va obrir a la ciutdadania de Catalunya la seva proposta de <>, des de l’esquerra transformadora, amb l’ecologisme i el catalanisme d’esquerres. Herrera va començar a explicar els canvis que hem fet, i els canvis que ningú no vol fer, que ningú més farà. Perquè per fer front a la crisi cal donar un nou impuls i, en alguns casos, una nova orientació, als canvis socials, econòmics i ecològics. Plantejà uns objectius que necessiten temps, acompanyament social i més força electoral per ICV. Canvis que només s’aconseguiran si es motiva i mobilitza una ciutadania que demada respostes concretes i reals a la crisi econòmica, social i ecològica global i local que els fest del mateix dijous 4 agreujaren. ICV proposa una “revolució” verda, real i efectiva en el transport, en la generació d’energia, en l’estalvi i l’eficiència i en la reconversió industrial. Una revolució de resistència a la dinàmica de retallades socials i ambientals, de la Itàlia de Berlusconi a l’Espanya d’Esperanza Aguirre .. i de ZP, Corbacho i Salgado. Proposem un Nou Acord Social i Verd per sortir de la crisi, per superar l’actual model productiu a favor d’una economia ecològica que incorpori la sostenibilitat en la producció i en el consum; per la modernització de Catalunya basada en la lluita contra el canvi climàtic i la creació d’ocupació. Un diagnòstic iuna proposta que no son neutrals, que està carregat de valors. El problema no són els més vulnerables (els pensionistes, els joves aturats, els immigrants), són els poderosos (els banquers que guanyen fins i tot quan ho fan malament, dels empresaris que estafen i a sobre se’n riuen). Dijous Herrera i ICV es va comprometre a no parlar i a actuar, a cercar, trobar i forjar una aliança de la gent d’esquerres. Per construir i fer, més enllà de les eleccions, els canvis que Catalunya necessita i que ningú més farà.

Per què Haití?

Tothom ja pot conèixer que el dimarts 12 de gener un terratrèmol de gran magnitud va afecetar Haití, provocant més de 150.000 morts, amb milers de desapareguts i desplaçats i causant incalculables danys materials. Podeu trobar múltiples informacions arreu, però jo us recomano la pàgina web de la Federació Catalana d’ONGs pel desenvolupament, on a part de la informació trobareu els projectes de les organitzacions catalanes que estan actuen en l’actual emergència (www.pangea.org/fcongd) . En el mateix sentit us recomano les pàgines del Fons català de Cooperació (www.fonscatala.org) i de l’Agència catalana de Cooperació(www.gencat.cat/cooperacioexterior/cooperacio).
Allò que possiblement tothom no té tan clar és perquè un terratrèmol de gran magnitud es transforma en tragèdia i hecatombe total... Doncs bé, potser es pot començar a entendre si es coneix que Haití és el segon estat del món més pobre, millor dit, “empobrit” –després de Burkina Faso-... Empobrit? Tal com molt bé explica la campanya Qui Deu a Qui, Haití està empobrit perquè té contret un deute extern amb els Estats del nord i els organismes internacionals que ascendeix a un total de 1.885 milions de dòlars; d’aquests, uns 1.200 milions de $, el passat juliol la comunitat internacional es va comprometre a cancel·lar-los, ja que Haití havia acomplert amb els compromisos internacionals per a la cancel·lació de bona part del seu deute. Així, el Club de París (que agrupa als principals països creditors del món) es va reunir el passat 19 de gener i va emetre un comunicat en què “exhortava a tots els creditors bilaterals d’Haití a condonar el seu deute extern, considerant les necessitats financeres que afronta aquest país”. Hores d’ara, l’Estat espanyol enacaa reclama prop de 30 milions d’euros en concepte de deute extern, tot i que encara el govern de Rodrígeuz zapatero té el compromís de cancel·lació del 100% del que encara reclama. Però no només ha estat el deute extern, sinó la seva combinació amb els impactes de les polítiques neoliberals i de la pròpia globalització capitalista, han agreujat la vulnerabilitat del país davant els desastres naturals. Sense oblidar i menys tenir, la torturada història pròpia que, tot i ser el segon estat en abolir l’esclavitud a l’inici del XIX, ha patit les dictadures del clan Duvalier, l’esperança truncada d’Aristide, les noves dictadures de Preval i Cedras, les ingerències dels EUA, etc, i que trobareu líricament molt ben narrades en el text “Los pecados de Haití” d’Eduardo Galeano (
www.jubileosuramericas.org).
Vull acabar convocant a l’esperança i l’acció, per Haití i la resta de món empobrit, el sud global pel nord global. En aquesta línia ttreballa la campanya Manresa solidària amb Haití (
www.ajmanresa.cat) i ww.florssirera.org) on podeu trobar el conjunt d’activitats que s’està desenvolupant per poder actuar en la post-emergència i la reconstrucció d’Haití.

Després de Vic

És possible que d’quí un temps parlem que hi hagut un abans i un després dels “15 dies de glòria” que Josep Maria Vila d’Abal i el govern de Ciu, PSC i ERC han tingut en les darreres setmanes. Sabíem que la dreta pura i dura i l’extrema, ha utilitzat, utilitza i utilitzarà el binomi crisi econòmica i immigració per construir i treure rendiment electoral del discurs de la por. La inseguretat ciutadana i la immigració són dos elements centrals d’aquests discurs de la por. Quan s’instal·la la por sobre el futur, una part de la societat pot estar disposada a acceptar retallades socials i dels drets i les llibertats. Per ICV cal confrontar, amb idees i sobretot amb accions i política, amb el temor social que propaga la dreta i les sortides individuals a la crisi, una visió de la societat en la qual el fort se’n surt i el feble es queda pel camí; cal practicar els valors de la solidaritat, de l’equitat, de les lluites col·lectives, dels projectes compartits com a valors èticament més justos i socialment més eficients per sortir de la crisi. La dreta, ha utilitzat i utilitzarà la immigració com a tema de campanya i, previsiblement, també la seguretat. Des d’ICV fa temps que considerem que no es pot no canviar vots per drets. Mai provocarem la divisió social per uns quants vots. El camí d’una societat més cohesionada i integrada i sense conflicte social és la plena igualtat de drets i deures de les persones que viuen a Catalunya i això significa ajustar les polítiques i els serveis públics a la nova realitat, tant pel que fa a la seva dimensió com a la seva organització, per garantir la igualtat d’oportunitats i eixamplar l’estat social del benestar. Fa molts pocs mesos que Catalunya ha acordat el Pacte Nacional per la Immigració. La proposta del govern CIU-PSC-ERC de Vic s’allunya del Pacte Nacional i per què? Per barrar el pas a la demagògia dels grups xenòfobs que exploten temors socials cal tenir posicions sòlides i clares que no alimentin el discurs xenòfob així com desenvolupar una política de millora i enfortiment dels serveis públics. De ben segur que des del govern de Vic, això darrer, també s’intenta, però amb el soroll generat poden pensar que hauran aconseguit convèncer els “convençuts” per Anglada i la Plataforma per Catalunya? I si fos així, a quin preu, el d’haver instal·lat en l’imaginari col·lectiu que bona part de la gent amb qui “coexistim” no tenen la possibilitat d’anar al metge o a l'escola? Des del realisme de l’acció, des de Manresa i el Bages, podríem dialogar i debatre, sense donar i ni rebre lliçons, de quin és el millor camí (que bona part el portem fent i fet, amb avanços i retrocessos, com és la vida mateixa) per aconseguir el pas de la coexistència a la convivència, cap una societat més i millor cohesionada, continuant essent un sol poble, el català, amb diversitat d’origens, amb un present comú i encara amb un futur millor. Algú ha escrit i cantat (Peret) “en lo puro no hay futuro, el futuro está en la mezcla”... és possible. Però ben segur què és tasca de tots. Des de la democràcia i els valors compartits.

Sobre la connexió ferroviària amb el port i aereoport de Barcelona

Des d’ICV del Bages volem fer un conjunt de consideracions davant l’anunci que, el Govern català, confirma que el tren ràpid no connectarà Manresa amb Barcelona. D’entrada aquest decisió només es relativa al Pla Director l'Eix Ferroviari Transversal (EFT). En efecte, en aquest, el govern ha escollit que la connexió ràpida del EFT amb amb el port l’aeroport sigui des d’Igualada i via Martorell. Davant d’això una proposta i una incògnita: la proposta és que sigui precisament, el tram Igualada-Manresa de l’EFT, dels primers que es pugui portar a execució, per tal de fer crèixer les comunicacions d’Anoia i Bages, per tal que Manresa i Bages tinguin, també, via Igualada i ramal d’EFT, la connexió ràpida amb port i areoport de Barcelona i amb l’aeroport corporatiu d’Òdena. La incògnita: doncs, quan es construirà l’EFT? Quan els seus trams? Quan el ramal ràpid? Segons el Pacte Nacional per a les Infraestructures (PNI) es prioritzaria el ramal Cervera-Igualada-Martorell-Port, això seria més enllà de la segona fase (2015-2020).
En canvi, des d’ICV del Bages, li demanem i proposem al govern català que doni compliment a allò que el PNI diu a seva pàgina 54, (al Capitol Infraestructures ferroviaries, punt 18. Comarques centrals): "Millora de traçat i ampliació de la connexió ferroviària del Bages amb el Vallès i el Baix Llobregat, amb continuació fins al Port i a l'Aeroport de Barcelona". Aquest punt és molt més tangible, projectable, finançable i executable, amb rapidesa i sosteniblitat, que no pas el propi ramal Igualada-port del EFT. Així, des d’ICV del Bages, li proposem al Departament de Política Territorial i Obres Públiques, que expliqui aquesta “millora de traçat i ampliació de connexió del Bages amb port i aeroport”; si encara no les té que es comprometi a estudiar-les i presentar-les, amb voluntat de consensuar-les amb les institucions i societat civil, tal com acabem de fer amb el Tren-Tram. Per tot això, des d’ICV del Bages, estem en disposició de treballar el conjunt d'alternatives i així ens proposem manifestar-ho al Conseller Nadal. A la vegada, institucionalment, proposem a tots els grups polítics comarcals articular una proposta conjunta per treballa aquesta connexió per donar compliment al PNI. I, a la vegada, portar a propostes i millores concretes allò immediatament més important que és el servei de Rodalies en mans del govern català i les millores de trajecte Manresa-Terrassa-Barcelona.

Per les vegueries Central i de l'Alt Pirineu, una vegada més ....

Les darreres setmanes aquest diari ha tractat, extensament, tant a les pàgines d’informació com a les d’opinió, la polèmica, una vegada més, sobre les vegueries. Polèmica sobre quantes i quines vegueries i capitalitats, posicionaments de càrrecs institucionals i/o de partits coincidents o no... Però, per sobretot de tot, allò que cal constatar és que, ara i aquí, hi ha un avantprojecte de llei que, per primera vegada, pot ser aprovat pel Consell executiu de la Generalitat (sigui el 12, el 19 de gener o quan sigui) per, després, ser traslladat al Parlament. Que existeixi un projecte de llei és allò substancial i, sobre el que cal treballar, per millorar i per avançar fins aconseguir que la Catalunya Central sigui una de les vegueries en que Catalunya s’organitzi (i no DIVIDEIXI!) territorialment. Llavors una vegada reconegut que hi ha un avantprojecte que pot i, hauria de ser, llei i, que per tant, s’és partidari que hi hagi vegueries, entre elles la Central i la de l'Alt Pirineu i Aran, és quan es cal entrar a criticar i esmenar per millorar la llei i el procés i amb aquest article no n'hi haurà prou.
Sí, hagués calgut fer-ho abans, en l'anterior legislatura i, sinó, a l'inici d'aquesta una vegada aprovat i entrat en vigor (l'agost de 2006!) l'Estatut i per tant els seus articles 90 i 91 que defineixen la vegueria. Però és ara i aquí perquè hi ha un govern de PSC, ERC i ICV que ho promou; així cal què recordem que en 23 anys de governs de CiU ni reforma de l'Estatut de 1979 ni avantprojecte de llei de vegueries ni el 1987, ni el 2001 quan, precisament Artur Mas com a conseller en cap, aturà el procés iniciat per Duran i Lleida, el model d'organització territori de la Comissió d'experts del 2000 conegut com a “ Informe Roca”. També en el terreny positiu, l'avantprojecte de llei preveu la creació de set vegueries, aquelles suficientment raonables en el límit alt d'un equilibri entre diversitat territorial i la sostenibilitat “administrativa” per un país de 7'5 milions de persones, uns 32.000 km2 i tants nivells administratius... Més territoris “regionals”, suposaria canviar d'escala (a la subregional), amb multiples d'espais macrocomarcals, òptims per altres funcions sectorials però no viable en termes de simplificació administrativa.
No obstant l'avantprojecte de llei té un gran problema: deixa en la llunyania legislativa (en el “limbo”), per tant sense efectivitat, la creació de les vegueries de l'Alt Pirineu i Aran i de la Catalunya Central. Tot i afirmar que “La disposició transitòria única té per objecte establir la transició de la divisió territorial provincial a la constitució dels set consells de vegueries que crea la llei”, en l ’apartat primer només preveu que es puguin constituir els consells de vegueries corresponents a Barcelona, Lleida, Girona i Tarragona, d’acord amb els vigents límits provincials; i en l'apartat segon preveu la constitució del Consell de Vegueria de les Terres de l’Ebre, que es produiria una vegada modificada de la legislació en matèria de demarcació i planta judicial i en matèria dels règim electoral general competència de l’Estat. Als requisits de l'Ebre, ja complexos, les vegueries del Pirineu i Central haurien d'esperar, també, a l’alteració dels límits provincials mitjançant llei orgànica estatal. Perquè l'avantprojecte no resol la transició amb fórmules d'organització que l'actual Estatut permet crear a la Generalitat, a l'article 83.3 i al 93? Per què no, transitòriament, tres ens locals supramunicipals per l'Ebre, Central i Pirineu, que s'extingirien amb la creació definitiva de la vegueria? Si es vol es pot, molt millor que haver d'esperar encara més. Continuarà...