dilluns, 29 de març del 2010
Nichi Vendola, el nou lider per l'esquerra italiana!
Vendola, va guanyar les "primaries" del centre esquerra, sense ser del PD, ans el contrari: és el principal dirigent de SINISTRA ECOLOGIA e LIBERTÁ (www.sinistraeliberta.eu).
fonte: il manifesto
Un patto costituente tra politica e popolo. Alla fine della sua lunga campagna elettorale Nichi Vendola racconta cosa è cambiato e cosa può cambiare ancora per la sinistra italiana. A partire dalla «sua» Puglia.
Che cosa è in gioco nel voto di domani?
C’è una differenza sostanziale tra oggi e cinque anni fa. Nel 2005 il punto cruciale era la crisi della destra pugliese, la ribellione al modello feudale incarnato da Raffaele Fitto. Nel 2005 è Fitto che ha perso, io ero un’incognita, una suggestione, una possibilità. Stavolta si vota su di me, sul fatto che quella possibilità e quella suggestione si sono incarnati in un’esperienza e in una narrazione che ha reso la Puglia un luogo particolare, dove nelle istituzioni e nella società si può costruire la controtendenza a tutto quello che rappresenta il berlusconismo. Stavolta è la Puglia il fatto nuovo.
E’ innegabile però che c’è un grande interesse anche fuori dalla Puglia su di te e la tua storia. Non c’è il rischio di oscurare le pratiche che qui avete provato a costruire?
Dico sempre che non sono il fenomeno ma l’epifenomeno. Il fenomeno è un Sud diverso da quello degli stereotipi. Il Sud non è soltanto una domanda di modernità e di giustizia sociale. Il Sud è una gigantesca domanda di libertà ed è attraversato costantemente da autentici flussi popolari e libertari. Leggere il Sud con il vecchio paradigma dello «sviluppo ritardato» significa non capire quello che si anima al di là della iconografia livida e mortuaria che si offre di questa parte d’Italia. Dal 2007 la Puglia guida saldamente l’economia del Sud e ora inizia a competere con quella del Nord. L’abbiamo fatto aprendo partite inedite ed epocali come quella con l’Ilva per l’abbattimento delle emissioni di diossina.
A proposito di Nord/Sud. Il successo della Lega alle regionali cosa cambierebbe per l’Italia?
Si aprirebbe un esito drammatico. L’inchiostro dei decreti delegati che tradurranno il federalismo fiscale in tabelle e parametri con cui garantire servizi essenziali rischia di portare a una secessione materiale, dissimulata ma effettiva. Il problema del Sud è ragionare come macro-territorio, fare istema, perfino essere una lobby. Anche il sistema informativo meridionale è totalmente subalterno a quello del Nord.
Nel tuo libro-intervista con Cosimo Rossi dici che «la domanda fondamentale della politica non è più ‘che fare?’ ma ‘chi fa cosa?’». Che vuol dire? Chi ti critica, per esempio, dice che questo è populismo di sinistra.
Dopo il ‘900 il tema del soggetto politico non possiamo più rimuoverlo. Allora definire «chi», sperimentando anche forme di «connessione sentimentale» con un popolo, è decisivo. Nel Pd è un problema evidente. Che cos’è il Pd? Chi è il Pd? Il fare invece riguarda la credibilità dell’agire politico. Nel moderatismo della sinistra c’è una scissione importante tra il dire e il fare. La sinistra spesso fa allusioni senza conseguenze. Le campagne elettorali sono tutte di sinistra ma appena finite prevale subito il realismo di corto respiro. Contro tutto questo, oggi, dobbiamo essere molto sperimentali.
Che tipo di esperimento sono allora le «fabbriche di Nichi»?
Sono luoghi politici godibili, che hanno ridotto al minimo il tasso di noia, le gare tra galli che si verificano nei partiti-pollai e la dinamica passiva che ha berlusconizzato la società italiana.
Rimarranno o pensi che tramonteranno con la campagna elettorale?Lo decideremo insieme, con gli «stati generali delle fabbriche» che convocheremo dopo il voto. E’ un’esperienza troppo nuova e troppo importante per me. E’ la vera chiave di questa campagna elettorale.
A proposito di «chi», in questi mesi hai lottato con molti protagonisti del Pd. Faccio dei nomi. D’Alema.
Non ho nessun problema con D’Alema. Il punto non sono le relazioni tra persone ma l’inadeguatezza di tutti i protagonisti a sinistra che possono
contribuire a mettere in piedi il «cantiere dell’alternativa». Prima delle primarie gli spiegai quello che si vede oggi nelle piazze. Il problema non ero io. Il problema è questo popolo che si riconosce in me. Che è portatore di un’idea di buona politica ed è l’ingrediente decisivo dell’alternativa. Senza questo popolo e senza questa connessione, semplicemente l’alternativa non c’è. Il centrosinistra si è andato spegnendo dentro rituali di palazzo. Dentro formule coalizionali o improvvisazioni politicistiche. Per il processo di alternativa abbiamo bisogno invece di uno straordinario patto costituente tra un progetto politico e un popolo. La litigiosità dell’Unione era grave perché figlia di una concezione autoreferenziale di ciascuno e povera della consapevolezza generale che il patto fondamentale non è tra partiti ma tra i partiti e il popolo, soprattutto i giovani. E’ un patto di futuro.
Il sindaco di Bari Michele Emiliano.
Ha detto delle cose importanti. Ha dichiarato la sua ammirazione per la mia capacità di perdonare nonostante tutto quello che mi è stato fatto per mesi.
Il tuo ex vicepresidente Sandro Frisullo che attualmente è in carcere.
Sono ovviamente turbato da questa vicenda, tuttavia ho un grande rispetto per la magistratura e penso ci siano garanzie sufficienti per potersi difendere.
Francamente, con tutto il dolore, la comunicazione tra noi si è interrotta il 5 luglio dell’anno scorso.
Un tuo successo sarebbe un salto di qualità per Sel ma anche per la sinistra. Come vedi il tuo futuro politico? Escludi un salto in alto oltre la Puglia?
Piuttosto che parlare di me spero si parli di quello che è accaduto qui. Non lo dico per eludere la questione. Se questo è un laboratorio lo è per ragioni sociali e politiche. Allora guardiamoci dentro. Quello che farò da grande non è rilevante. Chi ha visto da vicino questa campagna elettorale forse lo può capire: è stata un intreccio tra una storia politica e una storia d’amore. Almeno io la vivo così, e mi ha dato la forza di sopravvivere al tentativo di macchiare la mia persona e di coinvolgermi in cose impensabili per chi conosce la mia storia.
Matteo Bartocci fonte: il manifesto
Que ha fet ICV-EUiA amb els vots de l’1 de novembre de 2006?
Doncs bé, ara, en coherència amb aquella decisió i aquell govern d’esquerres que es va formar, ara ens sembla de coherència presentar un retorn a la ciutadania de la nostra acció al govern. I això és el que ICV-EUiA, amb el document i campanya “Què ha fet ICV-EUiA amb el meu vot?” (http://www.iniciativa.cat/icv/documents/2173) estem fent. I ho fem perquè, d’aquí a quan siguin les elecions, volem explicar a tothom que el govern català, des de 2007, la major part dels seu camps d’actuació ha fet i fa més coses que tots els anteriors, especialment dels que des de gener de 2001 tingueren a Artur Mas com a conseller en cap. I, tot i que és impossible fer-ho tot bé, ha demostrat gestionar millor. Així ha acordat, consensuat, pactes nacionals en polítiques claus de país: Pacte Nacional per l’Habitatge, per l’Educació, per la Innovació i la Recerca, per la immigració i per les Infraestructures; així com dos Acords Estratègic per la Internacionalització, la qualitat de l’ocupació i la competitivitat de l’economia. En alguns hi hem discrepat: a nivell territorial (Catalunya Central) en el calendari, finançament i en algunes propostes, sobretot ferroviàries, per insuficients. En d’altres, a nivell nacional, amb la llei d’Educació: dient no, quan cal dir no! Però el seu tret diferencial es troba en tot allò que el fa diferent; el govern català d’esquerres ha fet coses que la dreta mai no faria i que per això alguns volen que les seves enquestes s’acompleixin. Canvis de rumb radicals, de gir de 180 graus. En la lluita contra la crisi, no retallar la despesa social; sinó augmentar la inversió pública i ampliar prestacions, ajuts i drets (polítiques actives d’ocupació, beques menjador), augment préstecs per empreses, complement ajuts als aturats, augment dels ajuts per pagar el lloguer; Intentant, acceleradament, millorar els serveis públics. Avui acabo aquí, però us anuncio, que la setmana vinent continuaré amb allò que volem que passi: els canvis que cal fer i que ningú més farà, el procés participatiu de programa electoral i de govern; que des dilluns 22 també està obert a la web (www.joanherrera.cat/), flickr, youtube, facebook,etc
dilluns, 22 de març del 2010
No només el rebuig als “magatzems temporals” nuclears: el futur són les energies renovables!
Des d’ICV sempre hem dit dues coses sobre els MTCs i gairebé sempre en solitari any rere any , i només, acompanyats en part ara, quan ningú ho vol –amb matisos- al “patí de darrera de casa seva”. Que en cap cas el cementiri podia anar a parar al territori més nuclearitzat de l’Estat, Catalunya, i concretament les Terres de l’Ebre. I que en tot cas, si s’havia de parlar del que fer amb els residus, abans s’havia de consensuar fins quan es generaven aquests residus. És a dir, s’havia de pactar un calendari de tancament de les actuals centrals nuclears existents a Espanya, com s’ha fet a bona part d’Europa. Per cert, això ho vam proposar en la moció de dilluns al Ple de Manresa, i CUP i ERC no acceptaren sabedors que CiU i PSC no acceptarien. Per tant a allò aprovat –el rebuig a Catalunya- ICV hi afegeix: el Govern de l’Estat ha de supeditar la construcció del MTC, a posar en marxa un pla de tancament progressiu de totes les centrals nuclears en funcionament, i a desenvolupi totes les mesures necessàries per fer possible un sistema energètic fonamentat en les energies renovables.
divendres, 12 de març del 2010
La llei de vegueries, també al Parlament després de 30 anys d’autogovern!
divendres, 5 de març del 2010
Per què el PSOE només vol pactar amb la dreta?
dijous, 4 de març del 2010
CiU ha provocat el desequilibri territorial electoral
El grup parlamentari d’ICV-EUiA ha proposat, en el marc dels treballs de la ponència parlamentària sobre la Llei Electoral, un model de sistema electoral equilibrat entre proporcionalitat i representació territorialitzada. Així, basat en una circumscripció única nacional de tot Catalunya per a l’elecció dels diputats i diputades, es faria una provisió territorial dels mateixos per vegueries a partir d’un sistema de repartiment intern i l’aplicació d’un mecanisme corrector. Aquest model té encaix satisfactori en tot allò que disposa l’article 56 del vigent Estatut d’Autonomia de Catalunya, en concret: un sistema de representació proporcional i un sistema que asseguri la representació adequada de totes les zones del territori de Catalunya. I demostra que més proporcionalitat i més presència dels territoris amb menys població són idees compatibles. Amb el model d’ICV i prenent els resultats de les eleccions de 2006, si CiU els seus 48 escons esdevindrien 45, els 37 de PSC-CpC 38, els 21 d’ERC 20, els 14 del PPC 15, els 12 ICV-EUiA 13 i els 3 de Ciutadans 4. Però allò important a nivell territorial és que els 135 diputats/es i la seva distribució electoral es traduirien en 72 diputats/es de la vegueria de Barcelona, 12 de la Catalunya Central, 15 de Girona, 9 de Lleida, 6 de l’Alt Pirineu i Aran, 13 del camp de Tarragona i 8 de les Terres de l’Ebre. Per tant, on seria la desigualtat territorial que afirma CiU? O és que prefereix, com ara, un sistema provincial però que l’afavoreix? I de passada que res canvia, tampoc pot avançar allò que ICV ha defensat: una Llei de l'Administració electoral amb totes aquelles mesures que permetin garantir la transparència i la participació, que limiti i controli la despesa que els partits tenen en campanya electoral perquè les campanyes siguin més deliberatives i menys propagandístiques; que defineixi òrgans que fiscalitzin la despesa.Acabo apel·lant als “miracles”: potser que el Guillem Catà de la Llei Electoral sigui la Iniciativa Legislativa Popular impulsada per Ciutadans pel Canvi... Sinó d’aquí 30 anys encara un vot a Cardona valdrà molt menys que a Solsona...
Experiment fatigós, artefacte inestable: la LEC!
La política espanyola i catalana estan agafant una dinàmica d’expiral que es fa molt difícil preveure fins on es pot arribar... Així, temes de profunditat que esdevenen d’actualitat i generen notorietat, no poden “durar” a la gran pantalla, malgrat tinguin una gran transcendència social, institucional i estructural; i així, recentment, han estats triturats a la batedora de l’actualitat la jubilació als 67 anys, els atacs a l’economia espanyola per l’especulació financera internacional, els suposats pactes d’estat d’UiC que no CiU (primer Duran, després Mas?), ... Però, de quan en quan, des del propi sistema polític es llancen càrregues de profunditat, i aquesta setmana n’hem tingut una excel·lent prova. Així, el Sr Ernest Maragall, fent honor a la seva nissaga familiar literària (de l’Oda Espanya a la Vaca cega) ha proposat i disposat la sentència següent tal com jo la vaig llegir dijous a El Periódico: “Catalunya està fatigada del tripartit... Està cansada i tot indica que no acceptarà més experiments ni artefactes inestables”. Sinó n’hi havia prou abans d’ahir dijous, José Montilla d’una banda, però sobretot Antoni Castells, de l’altra han deixat clar que a can PSC pot haver-hi la pugna entre els que volen socio-vergència i els que volen el “conver-lisme”...De divendres no puc escriure ja que abans jo he escrit això...Per retornem a l’origen, a les dues frases del Sr Maragall reproduïdes més amunt. La tradició “filosòfica” grega clàssica vindria a dir que allò important és formular les preguntes. Anem a descomposar la sentència maragallina: Només hi ha una “Catalunya”? Ell és capaç de fer l’única diagnosi de l’única Catalunya i aquest diagnòstic diu està “fatigada”? I de què, del Tripartit: de tots tres, de dos (dels dos “grans”?, dels dos “petits”? Del “gran” i el “petit”? O només d’un? Quin, del “gran” , del no tant “gran” o del més “petit” sols? Ara bé allò millor: cansada i tot (què es tot? Tot és tot!) indica que “aquella única Catalunya” no acceptarà més “experiments” (quants i quins?) ni “artefacte inestables” ? Davant tanta pregunta, i per aportar proves a l’ “acceptació de la realitat” que deia Antoni Castells, si és possible trobar-hi respostes. El millor exemple possible de política del “tripartit”, que ha estat un experiment que ha fatigat i que ha estat un artefacte inestable és la Llei d’Educació de Catalunya. I sí, no ha estat ja acceptat per bona part de Catalunya: la major part de la comunitat educativa que sí recolzà el Pacte Nacional d’Educació. I precisament qui ha impuslat i quin “tripartit” ha votat tota la LEC d’E. Maragall? PSC, ERC i ... CiU. ICV, aquella força política que implícitament E. Maragall i Castells volen fora del govern –igual Puigcercós, que ho diu més explícitament) no vam recolzar la Llei d’Educació. Marargall diu que “tot indica que”... Hi ha moltes enquestes que qüestionen l’actual suma “tripartita”, però a la vegada (l segons a darrera enquesta del CEO) el 52% de l’electorat es defineix d’esquerres o de centre-esquerra (el 30% es defineix d’esquerres), per sobre del 32% que s’identifica amb el centre, centre-dreta o dreta. Per tant, Catalunya es troba en una cruïlla, cal decidir el camí que es pren : algunes opcions poden ser anar cap a l’esquerra o cap a la dreta, avançar o retrocedir. L’opció d’ICV són polítiques d'esquerres de modernització social, ecològica i de millora de l’autogovern. Si E. Maragall i Castells no volen confrontar a la dreta, als seus valors i al que aquests representen no ens hi trobaran. Volem un govern d’esquerres, però no en formarem part sense un instruments clars i coherents que evitin processos i decisions com els de la LEC i l’impost de successions.
CANVIS, què cal fer i què ningú més farà
Però davant tant panorama gris i apolític (ZP “ a Dios rogando, y el capitalismo con el mazo dando a la economia española”), espero i desitjo que el 4 de febrer de 2010 sigui recordat per l’esperança “prenyada” de valors, idees, principis que es van poder escoltar en un centre cívic del Poblenou de Barcelona. En Joan Herrera Torres (www.joanherreratorres.blogspot.com), fill d’aquell barri de treballadors i treballadores, va obrir a la ciutdadania de Catalunya la seva proposta de <
Per què Haití?
Allò que possiblement tothom no té tan clar és perquè un terratrèmol de gran magnitud es transforma en tragèdia i hecatombe total... Doncs bé, potser es pot començar a entendre si es coneix que Haití és el segon estat del món més pobre, millor dit, “empobrit” –després de Burkina Faso-... Empobrit? Tal com molt bé explica la campanya Qui Deu a Qui, Haití està empobrit perquè té contret un deute extern amb els Estats del nord i els organismes internacionals que ascendeix a un total de 1.885 milions de dòlars; d’aquests, uns 1.200 milions de $, el passat juliol la comunitat internacional es va comprometre a cancel·lar-los, ja que Haití havia acomplert amb els compromisos internacionals per a la cancel·lació de bona part del seu deute. Així, el Club de París (que agrupa als principals països creditors del món) es va reunir el passat 19 de gener i va emetre un comunicat en què “exhortava a tots els creditors bilaterals d’Haití a condonar el seu deute extern, considerant les necessitats financeres que afronta aquest país”. Hores d’ara, l’Estat espanyol enacaa reclama prop de 30 milions d’euros en concepte de deute extern, tot i que encara el govern de Rodrígeuz zapatero té el compromís de cancel·lació del 100% del que encara reclama. Però no només ha estat el deute extern, sinó la seva combinació amb els impactes de les polítiques neoliberals i de la pròpia globalització capitalista, han agreujat la vulnerabilitat del país davant els desastres naturals. Sense oblidar i menys tenir, la torturada història pròpia que, tot i ser el segon estat en abolir l’esclavitud a l’inici del XIX, ha patit les dictadures del clan Duvalier, l’esperança truncada d’Aristide, les noves dictadures de Preval i Cedras, les ingerències dels EUA, etc, i que trobareu líricament molt ben narrades en el text “Los pecados de Haití” d’Eduardo Galeano (www.jubileosuramericas.org).
Vull acabar convocant a l’esperança i l’acció, per Haití i la resta de món empobrit, el sud global pel nord global. En aquesta línia ttreballa la campanya Manresa solidària amb Haití (www.ajmanresa.cat) i ww.florssirera.org) on podeu trobar el conjunt d’activitats que s’està desenvolupant per poder actuar en la post-emergència i la reconstrucció d’Haití.
Després de Vic
Sobre la connexió ferroviària amb el port i aereoport de Barcelona
En canvi, des d’ICV del Bages, li demanem i proposem al govern català que doni compliment a allò que el PNI diu a seva pàgina 54, (al Capitol Infraestructures ferroviaries, punt 18. Comarques centrals): "Millora de traçat i ampliació de la connexió ferroviària del Bages amb el Vallès i el Baix Llobregat, amb continuació fins al Port i a l'Aeroport de Barcelona". Aquest punt és molt més tangible, projectable, finançable i executable, amb rapidesa i sosteniblitat, que no pas el propi ramal Igualada-port del EFT. Així, des d’ICV del Bages, li proposem al Departament de Política Territorial i Obres Públiques, que expliqui aquesta “millora de traçat i ampliació de connexió del Bages amb port i aeroport”; si encara no les té que es comprometi a estudiar-les i presentar-les, amb voluntat de consensuar-les amb les institucions i societat civil, tal com acabem de fer amb el Tren-Tram. Per tot això, des d’ICV del Bages, estem en disposició de treballar el conjunt d'alternatives i així ens proposem manifestar-ho al Conseller Nadal. A la vegada, institucionalment, proposem a tots els grups polítics comarcals articular una proposta conjunta per treballa aquesta connexió per donar compliment al PNI. I, a la vegada, portar a propostes i millores concretes allò immediatament més important que és el servei de Rodalies en mans del govern català i les millores de trajecte Manresa-Terrassa-Barcelona.
Per les vegueries Central i de l'Alt Pirineu, una vegada més ....
Sí, hagués calgut fer-ho abans, en l'anterior legislatura i, sinó, a l'inici d'aquesta una vegada aprovat i entrat en vigor (l'agost de 2006!) l'Estatut i per tant els seus articles 90 i 91 que defineixen la vegueria. Però és ara i aquí perquè hi ha un govern de PSC, ERC i ICV que ho promou; així cal què recordem que en 23 anys de governs de CiU ni reforma de l'Estatut de 1979 ni avantprojecte de llei de vegueries ni el 1987, ni el 2001 quan, precisament Artur Mas com a conseller en cap, aturà el procés iniciat per Duran i Lleida, el model d'organització territori de la Comissió d'experts del 2000 conegut com a “ Informe Roca”. També en el terreny positiu, l'avantprojecte de llei preveu la creació de set vegueries, aquelles suficientment raonables en el límit alt d'un equilibri entre diversitat territorial i la sostenibilitat “administrativa” per un país de 7'5 milions de persones, uns 32.000 km2 i tants nivells administratius... Més territoris “regionals”, suposaria canviar d'escala (a la subregional), amb multiples d'espais macrocomarcals, òptims per altres funcions sectorials però no viable en termes de simplificació administrativa.
No obstant l'avantprojecte de llei té un gran problema: deixa en la llunyania legislativa (en el “limbo”), per tant sense efectivitat, la creació de les vegueries de l'Alt Pirineu i Aran i de la Catalunya Central. Tot i afirmar que “La disposició transitòria única té per objecte establir la transició de la divisió territorial provincial a la constitució dels set consells de vegueries que crea la llei”, en l ’apartat primer només preveu que es puguin constituir els consells de vegueries corresponents a Barcelona, Lleida, Girona i Tarragona, d’acord amb els vigents límits provincials; i en l'apartat segon preveu la constitució del Consell de Vegueria de les Terres de l’Ebre, que es produiria una vegada modificada de la legislació en matèria de demarcació i planta judicial i en matèria dels règim electoral general competència de l’Estat. Als requisits de l'Ebre, ja complexos, les vegueries del Pirineu i Central haurien d'esperar, també, a l’alteració dels límits provincials mitjançant llei orgànica estatal. Perquè l'avantprojecte no resol la transició amb fórmules d'organització que l'actual Estatut permet crear a la Generalitat, a l'article 83.3 i al 93? Per què no, transitòriament, tres ens locals supramunicipals per l'Ebre, Central i Pirineu, que s'extingirien amb la creació definitiva de la vegueria? Si es vol es pot, molt millor que haver d'esperar encara més. Continuarà...